“Dalle Mani delle Donne” la recensione di Francesca Mezzadri

Dalle Mani delle donne
Se paragoniamo le mani di un uomo a quelle di una donna riconosciamo infinite differenze.
L’uomo nasce cacciatore, guerriero: mani maschili la cui stretta è doppia rispetto a quelle femminili. Per contro la mano femminile è flessibile e precisa. Le dita sono più fragili ma anche più adatte a piegarsi, i legamenti sono più snodati. Flessibilità e precisione, che la rende uno strumento capace di compiti molto particolari come ricamare o modellare. Per millenni, le donne erano le artiste per eccellenza. In tutte le culture, era lasciata a loro l’arte del decorare, infilare collane, lavorare sui dettagli nelle pitture, sculture, in particolare la ceramica.
Nelle immagini dell’artista questa forza delicata, permettetemi l’ossimoro, rappresenta un punto importante dell’intero lavoro e sintetizza i suoi temi principali portandoli in una dimensione atemporale: la rappresentazione di antichi e moderni mestieri da cui l’artista ci invita a guardare il nostro presente nella proiezione di un futuro necessariamente possibile.
Dita che si muovono verso l’infinito, mani che si aprono e chiudono, che si espandono e ogni volta sembra leggervi una presenza, un segreto.
Ne vediamo la fatica, la meraviglia, l’energia di colei che è abituata a dare la vita.
La scelta dell’artista è la sequenza del gesto in tre scatti dello stesso soggetto, proprio per sottolineare, il calore di quelle mani nello svolgersi di un preciso gesto tecnico.
La sensazione è che più che guardarle, le mani ci troviamo ad ascoltarle.
Le mani di Anaizit, sono un diario di racconti di viaggio, un simbolo della ricerca di “una zona franca” che non è certo se mai troveranno. In questo viaggio immaginario le mani costituiscono la carta geografica che fa da sfondo a una narrazione tanto locale quanto universale, tanto intima, quanto collettiva. In queste mani c’ è dentro il mondo.
Carte geografiche che vanno tradotte.
La mano della pastaia, per esempio, che ci fa tornare bambini quando la nonna tirava la sfoglia. Ricordi antichi e gesti attuali. Nella mano, in cucina, nei gesti precisi di quei piccolissimi tortellini, si ritrova tutta l’azione che richiede la forza, perizia e delicatezza del gesto minuto. Sbucciare, mescolare, spezzare, dosare, impastare premere, lavare sono solo alcuni dei gesti, che nella nostra carta geografica troviamo ancor prima della perfezione del gesto finale, immortalato dallo scatto.
Anaizit è così: mentre guardiamo veniamo rimandati ad un altrove, che non si vede eppure puoi immaginarlo, assaporarlo. Non sono mai immagini “cercate”, ma di grande spontaneità. Un pregio.
Dà il benvenuto ad ogni mattino con fresca spontanea esaltazione, brillando di entusiasmo e vitalità. Chi guarda non può non esserne contagiato. Raramente una fotografia di Anaizit presenta caratteristiche diverse dall’essenzialità, dall’ eleganza, dalla chiarezza e comprensibilità.
Il raffinato intimismo della contemplazione nella tatuatrice, la soavità della parrucchiera in scatti così lievi che sembrano quasi sospesi…
Anaizit è autodidatta come tanti immensi artisti. Scoprì l’espressione artistica da adulta come forma di sollievo alle proprie sofferenze di vita. Per la legge del contrappasso, apre l’anima, a noi lettori, e i suoi scatti ci deliziano.

Francesca Mezzadri Curatrice Eventi D’Arte

 

 

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