Sono una fotografa artigiana, con le mani nella luce e gli occhi puntati sulla vita. La mia fotografia affonda nelle strade, nelle esistenze, nei gesti quotidiani. Racconto il mondo così com’è, senza filtri, senza artifici. Lavoro anche nella fotografia sociale, perché credo che le immagini possano aprire gli occhi, scuotere le coscienze, avvicinare le persone alle storie che spesso restano nell’ombra.
La mia macchina fotografica non è solo uno strumento: è una porta spalancata sulla realtà. Ogni scatto è un frammento di vita vissuta, un respiro trattenuto, un dettaglio che parla. Entro nei luoghi, mi confondo con le persone, ascolto il loro silenzio e le loro parole. La fiducia è tutto: senza, un volto resta solo un volto, un’ombra sfocata in un mondo che scorre veloce. Ma quando si crea un legame, quando chi sta davanti all’obiettivo smette di vedere la macchina e vede me, allora nasce la fotografia che conta.
Credo che la fotografia sociale possa essere uno strumento di cambiamento. Un’immagine non è mai solo un’immagine: è una testimonianza, una denuncia, un grido muto che può diventare voce. Le mie fotografie vivono nei libri, nelle mostre, nelle campagne di sensibilizzazione, nei social. Si fanno spazio, cercano chi le guarda, parlano di ciò che spesso si evita di vedere.
Non mi interessa l’estetica fine a sé stessa. Voglio che le mie immagini pesino, che lascino un segno. Voglio raccontare il mondo con la sua polvere, le sue crepe, la sua bellezza ruvida. Se una fotografia può smuovere anche solo un pensiero, allora ha già cambiato qualcosa.